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Cambiamento climatico: una visione errata del problema.

La stragrande maggioranza delle persone ha una visione errata del problema climatico e ne sottovaluta le conseguenze.

Possiamo notare un filo conduttore nelle politiche attuate per affrontare la crisi del riscaldamento climatico dalle principali aziende energetiche, dal mondo imprenditoriale e dai governi: Net Zero 2050 (neutralità del carbonio entro il 2050).

Net zero CO2 emissions

Net zero carbon dioxide (CO2) emissions are achieved when anthropogenic CO2 emissions are balanced globally by anthropogenic CO2 removals over a specified period. Net zero CO2 emissions are also referred to as carbon neutrality. See also Net zero emissions and Net negative emissions.

Definizione ufficiale dal Glossario IPCC

1) Traiettorie verso lo zero netto.

Sebbene nessuno contesti l’importanza di ridurre le emissioni di gas serra per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, questo processo deve essere graduale, progressivo e accettabile per tutti.

Per la maggioranza dei governi, degli economisti e delle multinazionali, una transizione “riuscita” deve essere sia socialmente accettabile che favorevole alla competitività economica.

Ciò significa ridurre e sostituire progressivamente le energie rinnovabili ai combustibili fossili e passare gradualmente alle tecnologie “pulite” (esistenti o da sviluppare).

Man mano che le innovazioni disponibili si affermeranno, le energie “pulite” sostituiranno i combustibili fossili. La neutralità del carbonio è l’obiettivo, il culmine di questo processo. Il problema del clima sarebbe risolto (dopo tutto, il nostro impatto sarebbe “neutro”, come il concetto tende a suggerire).

Con la pretesa del buon senso e del pragmatismo, il problema è che questa visione trascura il comportamento sistemico dei vincoli fisici e biologici che gravano sulla vita umana e sul resto della biosfera.

Paradossalmente, tutto funziona come se i vincoli e i rischi fisici, che sono alla base della necessità di decarbonizzazione, fossero elementi esogeni che non rientrano nella traiettoria da adottare per raggiungere l’obiettivo.

Come mostra il grafico seguente, la scelta delle strategie messe in atto per raggiungere il Net Zero entro il 2050 avrà un forte impatto sulla quantità di gas serra (esp ressa in GT CO2 equivalente nel grafico seguente) e quindi sul riscaldamento globale.

Mentre il punto di arrivo per entrambi gli esempi è identico, lo scenario 1, che propone un calo costante delle emissioni di circa il 5% all’anno nel corso del tempo, è in linea con le raccomandazioni dell’AIE (Executive Summary – net Zero Roadmap a global pathway to keep the +1.5°c goal in reach) per mantenere il riscaldamento entro il limite di +2°c (idealmente +1.5°C) entro il 2100.

Il secondo approccio, invece, prevede un aumento delle emissioni di circa il +3% fino al 2030, poi un +2% fino al 2035 e una diminuzione accelerata nell’ultimo decennio (-10% fino al 2047 e fino a -40% nel 2049). Questo scenario segue l’andamento dei principali progetti annunciati dalle major dei combustibili fossili come ENI. Esse giustificano l’aumento della produzione nei prossimi anni per soddisfare la domanda, ma anche per poter finanziare la transizione energetica – un paradosso!

Il problema di questo metodo è che la concentrazione di CO2 continua ad aumentare e con essa la temperatura globale.

Possiamo notare che mentre i due scenari previsti arrivano allo stesso obiettivo di 0 emissioni nette nel 2050, la quantità di CO2 emessa raddoppia da uno scenario all’altro….

2) Problema di percezione del problema

Sembra che per molti di noi e per i nostri decisori, il raggiungimento della Net Zero entro il 2050 sia la soluzione al problema del riscaldamento globale/cambiamento climatico.

Il raggiungimento della neutralità delle emissioni sarebbe sufficiente per smettere di preoccuparsi del clima ed essere in uno spazio sicuro per continuare le nostre attività come facciamo ora.

Passiamo sul fatto che concentrarsi solo sulle emissioni di gas serra senza cambiare profondamente i nostri sistemi sociali, economici e culturali non sarà sufficiente per affrontare la questione della nostra sostenibilità di fronte ai limiti planetari (5 – Quinta Stazione – Limiti planetari) e le poli-crisi in corso.

Ma soprattutto la neutralità del carbonio, o Net Zero, è un obiettivo ancora oggi in gran parte incerto, basato in parte su tecnologie ancora molto ipotetiche, in cui l’umanità rimuoverebbe dall’atmosfera tanti gas serra quanti ne emette. E questo non ridurrà la temperatura media globale, ma la stabilizzerà. In altre parole, conterrà il riscaldamento antropico a un certo livello, cioè un punto in cui il nostro sistema di “concentrazione di CO2 nell’atmosfera” si stabilizza, in cui i flussi di entrata (emissioni) sarebbero equivalenti ai flussi di uscita (pozzi naturali di carbonio, sistemi di cattura e sequestro, ripristino delle foreste, ecc.).

Per ridurre la temperatura media, dovremmo andare oltre la neutralità del carbonio, con delle emissioni nette negative… In attesa di un tale scenario, il cambiamento climatico è un processo irreversibile e il riscaldamento è destinato a continuare. Come sottolinea il climatologo Christophe Cassou:

Stiamo intraprendendo un viaggio senza ritorno, in un territorio sconosciuto“.

Poiché il cambiamento climatico è dovuto principalmente alla concentrazione di gas serra nell’atmosfera, la riduzione o l’arresto del flusso di emissioni non farà altro che stabilizzare lo stock di gas serra nel sistema. 

Si tratta d’un errata percezione: il problema dei gas serra non è un problema di flusso ma di stock.

3) Il cambiamento climatico: un problema di stock

Il cambiamento climatico è dovuto all’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera. È lo “stock” di gas serra nell’atmosfera che contribuisce al riscaldamento globale.

Per illustrare il problema del clima come stock, possiamo immaginare il sistema della CO2 nell’atmosfera.

Ma i flussi in uscita sono inferiori a quelli in entrata, quindi lo stock si accumula più velocemente di quanto si svuoti.

MAGGIORE È LA QUANTITÀ DI C02 NELL’ATMOSFERA, PIÙ ALTA È LA TEMPERATURA….

Atmospheric CO2 accumulation and the natural carbon sinks

The land and ocean CO2 sinks combined continued to take up around half (53% over the past decade) of the anthropogenic CO2 emitted to the atmosphere, despite the negative impact of climate change.

Global Carbon Project – Briefing on key messages Global Carbon Budget 2023

Si stima che circa la metà delle nostre emissioni non venga eliminata dai pozzi di carbonio (fotosintesi, suolo e oceani).

Queste emissioni non catturate si aggiungono quindi allo stock esistente nell’atmosfera e contribuiranno al cambiamento climatico per i secoli a venire. La misura in cui il nostro stock di CO2 atmosferico si riempie è quindi legata all’accumulo storico di emissioni, che ha un’influenza diretta sulla concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

Parte dello stock di CO2 nell’atmosfera oggi risale alla prima rivoluzione industriale…. La CO2 che emettiamo oggi, e che si aggiungerà allo stock esistente, avrà conseguenze sia immediate che a lungo termine….

Il volume totale dello stock di CO2 corrisponde a una certa soglia di riscaldamento globale.

È il bilancio del carbonio, che misura il volume totale di gas serra che l’umanità può ancora emettere prima di superare determinate soglie di riscaldamento, che dovrebbe essere il referenziale da utilizzare per edificare le strategie per fare fronte al cambiamento climatico e non solo il Net Zero 2050.

Secondo l’IPCC, possiamo ancora emettere 400 GT CO2 per rimanere entro l’obiettivo di un riscaldamento di +1,5°C e 1150 GT CO2 per stare al di sotto di +2,0°C.

Al ritmo attuale di emissioni di CO2 nell’atmosfera, il bilancio del carbonio sarà superato in circa 5 anni se la soglia è fissata a 1,5 gradi di riscaldamento, e in 15-20 anni se la soglia è fissata a 2 gradi.

4) L’obiettivo Net Zero: business as usual….

Come abbiamo visto in precedenza, l’attuale visione della traiettoria verso Net Zero 2050 (ricordiamo che Net Zero è ancora molto ipotetica) determinerà lo stock di CO2 nell’atmosfera e quindi il livello di riscaldamento globale.

Nonostante la retorica rassicurante dei grandi gruppi industriali, in particolare del settore dei combustibili fossili, sulla transizione energetica, quello a cui stiamo assistendo è un aumento della produzione di combustibili fossili in tutto il mondo e la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas fino a circa il 2030/40…. Naturalmente, tutti i documenti di marketing e i piani aziendali di queste aziende insistono sul fatto che intorno al 2040 ci sarà una massiccia riduzione delle emissioni, resa possibile in particolare dall’arrivo di nuove tecnologie di cattura della CO2 e dal rapido sviluppo delle energie rinnovabili, che porterà a Net Zero entro il 2050 (molte belle promesse e grafici graziosi nei rapporti delle compagnie petrolifere e del gas e delle banche che le sostengono, ma queste sono solo ipotesi ….).

Concentrarsi sul flusso e su questo obiettivo di Net Zero permette di non parlare e prendere in conto  gli sconvolgimenti delle condizioni di vita provocati dal cambiamento climatico e l’esistenza di soglie che rendono impossibile l’adattamento.

Se finora il clima si è riscaldato “solo” di 1,2 gradi rispetto all’era preindustriale, l’anno 2023 è stato segnato da un aumento del numero di disastri climatici in tutto il mondo, dagli incendi in Canada (dove negli ultimi 6 mesi è bruciata un’area grande come la Grecia) alle alluvioni che hanno ucciso migliaia di persone in Libia.

5) Adattamento e resilienza

L’accelerazione di questi disastri e l’entità della nostra vulnerabilità dovrebbero essere un campanello d’allarme.

Ma nessuno dei piani o degli scenari di sviluppo proposti da aziende, banche, finanziatori, governi o organismi internazionali come l’AIE per la “transizione energetica” e il Net Zero tiene veramente conto degli effetti di questi cambiamenti.

Tutto viene fatto come se gli impatti di del riscaldamento globale (dettati dalla fisica e dalla dinamica della biosfera) non potessero mettere in discussione il nostro percorso di crescita, la transizione energetica.

È una cecità totale nei confronti della nostra vulnerabilità alle poli-crisi che abbiamo creato e alle loro conseguenze.

Spesso sentiamo certi decisori politici, industriali, giornalisti, ecc. parlare di ideologia e di estremismo ecologico per stigmatizzare leggi, norme, regole (che hanno il merito di esistere, ma che sono ancora al di sotto di ciò che dovremmo fare) o persone che cercano di orientare il sistema verso misure più “ecologiche”. ….

Ma cosa c’è di più estremo e meno ideologico di una situazione in cui si superano le soglie di non ritorno? I vincoli fisici e biologici non regolano forse la nostra vita in modo più essenziale delle norme economiche, sociali, culturali e religiose che abbiamo messo in atto?

I futuri cambiamenti climatici genereranno nuovi rischi per i nostri ecosistemi e rivoluzioneranno il modo in cui viviamo, viaggiamo, abitiamo, ci nutriamo, ci curiamo, produciamo, istruiamo e così via.

Dobbiamo mettere in atto strategie concrete per ridurre le emissioni di CO2, il che ci costringerà a ripensare i nostri sistemi.

Allo stesso tempo, dobbiamo concentrarci sulla nostra esposizione e vulnerabilità a ogni aumento della temperatura globale, in modo da poter definire strategie di adattamento e resilienza di fronte agli inevitabili danni che causerà.

E questo deve essere fatto in un modo che sia guidato dall’equità e dalla giustizia sociale, in modo che queste misure siano comprese e accettate dal maggior numero possibile di persone.

Grazie per il vostro interesse.

Ispirazione: The conversation

Imagine di copertina : “Sky” by monkeyatlarge is licensed under CC BY 2.0.

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