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2 – Seconda Stazione – # AR6 Rapporto di Sintesi – A) Stato attuale e tendenze

# AR6 Rapporto di Sintesi AR6 Synthesis Report: Climate Change 2023

Il sesto rapporto di sintesi dell’IPCC, presentato il 20 marzo 2023, riassume i 3 rapporti precedenti.

Agosto 2021 – Rapporto del Gruppo I – AR6 Climate Change 2021: The Physical Science Basis

Febbraio 2022 – Rapporto del Gruppo II – AR6 Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability

Aprile 2022 – Rapporto del Gruppo III – AR6 Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change

Questo rapporto di sintesi è subdiviso in 3 parte

  • A) Stato attuale e tendenze
  • B) Cambiamenti climatici futuri, rischi e risposte a lungo termine
  • C) Risposte a breve termine

Seguirò la struttura del rapporto e navigherò attraverso le “Headline Statements” della versione SMP (Summary for PolicyMakers), sono i testi con il fondo blu, ma vi invito a leggere il rapporto da soli.

L’idea chiave di questo rapporto è:

C’è ancora tempo per agire, ma bisogna farlo ora e in fretta.

Dobbiamo assolutamente contenere la concentrazione di CO2 nell’atmosfera a un valore che non permetta alla temperatura superficiale globale di aumentare di oltre +2°C rispetto al periodo preindustriale (1850). La finestra di opportunità per agire si riduce sempre di più, ma possiamo ancora adoperarsi per limitare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, è molto chiaro nel suo discorso per la pubblicazione del Rapporto di Sintesi AR6 il 20 marzo 2023.

Prima di proseguire è importante tenere in mente due punti fondamentali:

  • Il cambiamento climatico non è ” pilotabile”, non c’è un pulsante stop o torno indietro. Siamo in una nuova era. Il clima che conoscevamo non esiste più e si stanno stabilendo nuovi equilibri a livello globale (atmosfera, ciclo dell’acqua, correnti oceaniche, ….). Il riscaldamento globale sta mettendo in discussione tutti gli equilibri che rendono vivibile la nostra pianeta così come lo conosciamo, e più alta è la concentrazione di gas serra, maggiore è l’impatto.
  • Il cambiamento climatico non è una semplice crisi ambientale che può essere messa da parte o presa in considerazione quando avremo un po’ di tempo tra la gestione della crisi ucraina, le pensioni e l’immigrazione… Utilizziamo l’aumento della temperatura media della superficie globale per caratterizzare i cambiamenti e le tendenze, ma non si tratta di decidere se indossare un maglione di lana in più o passare più tempo in costume da bagno. Si tratta di un fenomeno globale di grande portata che porta con sé una capacità di distruzione degli esseri viventi che minaccia l’esistenza dell’attuale biodiversità e della nostra specie. Gestire questo fenomeno attraverso politiche coraggiose e volontarie di riduzione delle emissioni e rendere i nostri modelli sociali più adattabili e resilienti, ci permetterà di rispondere a questa sfida riducendo la nostra impronta ambientale e migliorando così altri aspetti come la biodiversità, l’inquinamento, i cicli naturali, la gestione del territorio, ……  Non è una strada facile e senza dubbio ci saranno grandi difficoltà.  Ma se rimandiamo l’azione di mitigazione del cambiamento climatico, in particolare per quanto riguarda le politiche da attuare per ridurre le emissioni di gas serra (fine programmata dell’estrazione di combustibili fossili, riduzione delle emissioni dei trasporti, dei processi produttivi e degli scambi economici, cambiamento della politica agricola e delle abitudini alimentari, ecc.), gli sforzi da compiere saranno di anno in anno maggiori, con il rischio che diventino del tutto irraggiungibile e subiremo gli effetti del cambiamento climatico, che non saranno solo difficili ma anche distruttivi.

Nota per la lettura delle “Headline Statements” dei Trattandosi di un documento di valutazione scientifica ogni affermazione è seguita d’un livello di fiducia (probabilità), indicato in corsivo, utilizzando i seguenti qualificatori.

  • 1. quasi certo (99-100% di probabilità)
  • 2. molto probabile (dal 90 al 100%)
  • 3. probabile (dal 66 al 100%)
  • 4. circa probabile (dal 33 al 66%)
  • 5. improbabile (da 0 a 33%)
  • 6. molto improbabile (da 0 a 10%)
  • 7. eccezionalmente improbabile (da 0 a 1%).

Fonte : https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2017/08/AR5_Uncertainty_Guidance_Note.pdf

Iniziamo

A) Stato attuale e tendenze

A.1 Riscaldamento osservato e sue cause

Le attività umane, principalmente attraverso le emissioni di gas serra, hanno inequivocabilmente causato il riscaldamento globale, con una temperatura superficiale globale che ha raggiunto il valore di 1,1°C al di sopra del livello del periodo 1850-1900 nell’intervallo 2011-2020. Le emissioni globali di gas serra hanno continuato ad aumentare, con contributi storici e attuali disuguali derivanti dall’uso non sostenibile dell’energia, dall’uso del suolo e dai cambiamenti nell’uso del suolo, dagli stili di vita e dai modelli di consumo e produzione nelle varie regioni, tra paesi diversi e all’interno dei paesi stessi e tra gli individui (molto probabile).

Non ci sono dubbi sull’origine umana dell’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera, del riscaldamento che si è verificato e del conseguente0 cambiamento climatico. L’IPCC sottolinea anche le disuguaglianze esistenti tra i paesi :

  • sia per le quantità attualmente emesse da ciascun Paese,
  • sia per le emissioni “esportate”. Infatti, se la Cina emette molta C02, è soprattutto perché è diventata la fabbrica del mondo…..I paesi sviluppati delocalizzando o esternalizzando parte delle loro produzioni in paesi terzi come la Cina hanno “esportato” le emissioni di C02 (e più in generale tutti i problemi ambientali) associati a queste produzioni…. Ma attenzione: in molti casi, e in particolare nel caso del cambiamento climatico, gli effetti e gli impatti di questi problemi sono globali.
  • per i contributi storici dei paesi. I paesi sviluppati hanno una responsabilità storica nei confronti degli altri Paesi per quanto riguarda le emissioni di CO2, poiché questa si concentra nell’atmosfera per lunghi periodi di tempo…. Ancora oggi, gran parte della CO2 presente nell’atmosfera è stata emessa all’inizio del periodo industriale (si veda il punto sotto).

Gli aumenti osservati nelle concentrazioni di gas serra dal 1750 circa sono inequivocabilmente causati dalle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane in questo periodo. Le emissioni nette cumulative di CO2 dal 1850 al 2019 sono state pari a 2400±240 Gt di CO2 equivalente, di cui più della metà (58%) si sono verificate tra il 1850 e il 1989 e circa il 42% tra il 1990 e il 2019 (molto probabile) Nel 2019, le concentrazioni atmosferiche di CO2 (410 parti per milione) non sono mai state così alte da almeno 2 milioni di anni (molto probabile), e le concentrazioni di metano (1.866 parti per miliardo) e protossido di azoto (332 parti per miliardo) non sono mai state così alte da almeno 800.000 anni (molto probabile).

È importante capire che i gas serra si accumulano nell’atmosfera.  Il periodo di presenza di questi elementi nell’atmosfera va dal decennio per il CH4, alle centinaia di anni per l’N02 e quasi mille per il C02… le nostre azioni attuali determineranno il futuro delle generazioni a venire come mai nella nostra storia….

Fonte: https://www.climalteranti.it/2020/07/30/quanto-a-lungo-rimane-la-co2-in-atmosfera/

A.2 Cambiamenti e impatti osservati

Si sono verificati rapidi ed estesi cambiamenti nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera. I cambiamenti climatici causati dall’uomo stanno già influenzando molti eventi meteorologici e climatici estremi in tutte le regioni del mondo. Questo ha causato diffusi impatti negativi e relative perdite e danni alla natura e alle persone (molto probabile). Le comunità vulnerabili, che storicamente hanno contribuito meno agli attuali cambiamenti climatici, sono colpite in modo sproporzionato (molto probabile).

Ciò solleva ancora una volta la questione della responsabilità storica dei Paesi emettitori e della necessità di trovare soluzioni eque.

Circa 3,3-3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. La vulnerabilità umana e quella degli ecosistemi sono interdipendenti. Le regioni e le popolazioni con notevoli limiti di sviluppo presentano un’elevata vulnerabilità ai rischi climatici. L’aumento delle condizioni meteorologiche e degli eventi climatici estremi ha esposto milioni di persone a una grave insicurezza alimentare e a una minore sicurezza idrica, con i maggiori impatti negativi osservati in molte località e/o comunità in Africa, Asia, America centrale e meridionale, Paesi meno sviluppati, piccole isole e Artico, e a livello globale per le popolazioni indigene, i piccoli produttori alimentari e le famiglie a basso reddito. Tra il 2010 e il 2020, la mortalità umana dovuta a inondazioni, siccità e tempeste è stata 15 volte superiore nelle regioni altamente vulnerabili, rispetto alle regioni con vulnerabilità molto bassa. (molto probabile) .

I cambiamenti climatici hanno ridotto la sicurezza alimentare e compromesso l’accesso sicuro all’acqua. Gli eventi di calore estremo stanno aumentando i tassi di mortalità e le malattie.

Gli ecosistemi sono danneggiati dall’aumento delle temperature, che ha portato alla morte massiccia di specie sulla terraferma e negli oceani. Alcuni ecosistemi si stanno avvicinando a un punto di non ritorno, a causa delle conseguenze quali il ritiro dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, i cambiamenti nel ciclo dell’acqua, ecc.

Secondo il riassicuratore Munich Re, il costo dei danni causati dalle catastrofi naturali nel 2022 è stimato in circa 270 miliardi di dollari, con la morte di circa 11.000 persone.

Se i Paesi più vulnerabili sono quelli più a rischio, soprattutto in termini di costi umani, i Paesi sviluppati non sono risparmiati in quanto le loro infrastrutture non sono preparate a resistere a fenomeni sempre più estremi e frequenti. Entro il 2022, ad esempio, il conto dei danni per gli Stati Uniti sarà di circa 150 miliardi di dollari.

Gli indicatori climatici di Copernicus (il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea) forniscono l’evoluzione media annua osservata tramite i principali indicatori di cambiamento climatico (temperatura superficiale globale, a livello europeo, dell’Artico, concentrazione di gas serra nell’atmosfera, temperatura superficiale degli oceani, livello di innalzamento degli oceani, superficie dei ghiacciai, ghiaccio marino). Questi indicatori vengono aggiornati almeno una volta all’anno; l’ultimo è stato effettuato il 20 aprile 2023. È interessante notare che mentre la temperatura superficiale dell’atmosfera a livello globale è aumentata di +1,2°C (rispetto ai livelli preindustriali), nel continente europeo questo si è già tradotto in un aumento di +2,2°C.

La figura SPM.1 mostra i cambiamenti osservati (1900-2020) e previsti (2021-2100) della temperatura superficiale globale (rispetto al 1850-1900), che sono collegati ai cambiamenti e agli impatti delle condizioni climatiche. Questo illustra come il clima è già cambiato e cambierà nel periodo di vita di tre generazioni rappresentative (nate nel 1950, 1980 e 2020).

Ancora una volta, dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre azioni per le generazioni future.

Figure SPM.1 (c) – Rapporto di Sintesi AR6 IPCC – Dettaglio SPM.1

A.3 Attuali progressi nell’adattamento, divari e sfide

La pianificazione e l’attuazione dell’adattamento sono progredite in tutti i settori e in tutte le regioni, con benefici documentati e efficacia variabile. Nonostante i progressi, esistono dei divari nell’adattamento, che continueranno a crescere agli attuali tassi di implementazione. In alcuni ecosistemi e in alcune regioni sono stati raggiunti limiti rigidi e limiti flessibili all’adattamento. Il maladattamento si sta verificando in alcuni settori e in alcune regioni. Gli attuali flussi finanziari globali per l’adattamento sono insufficienti e limitano l’attuazione delle opzioni di adattamento, specialmente nei paesi in via di sviluppo (molto probabile).

A.4 Progressi, divari e sfide della mitigazione attuale

Le politiche e le leggi che affrontano la mitigazione si sono stabilmente ampliate dall’AR5. Le emissioni globali di gas serra nel 2030 derivanti dai contributi determinati a livello nazionale (nationally determined contributions – NDC) annunciati entro ottobre 2021 rendono probabile che il riscaldamento supererà il limite di 1,5°C durante il 21° secolo e renderanno più difficile limitare il riscaldamento al di sotto dei 2°C. Esistono delle discrepanze tra le emissioni previste dalle politiche attuate e quelle previste dai NDC, e i flussi finanziari non raggiungono i livelli necessari per raggiungere gli obiettivi climatici in tutti i settori e in tutte le regioni (molto probabile).

Questi due punti sono importanti e l’IPCC dimostra che le azioni e le politiche intraprese sono ancora lontane dal produrre risultati tangibili. Soprattutto i contributi nazionali (NDC), ovvero gli obiettivi che i Paesi si impegnano a raggiungere entro il 2030 e il 2050 (si tratta di promesse, senza alcun impegno o obbligo), sono ben lontani dal rispondere all’urgenza della situazione.  È ormai certo che nei prossimi decenni raggiungeremo i +1,5°C e che questi NDC renderanno difficile rimanere al di sotto dei +2°C.

D’altra parte, i flussi finanziari sono direttamente indicati: esiste una massa finanziaria sufficientemente grande a livello globale per finanziare le azioni necessarie, ma purtroppo i flussi finanziari e le quantità dedicate a queste azioni sono ancora insufficienti e gli investimenti nei combustibili fossili sono ancora troppo elevati.

Per esempio, nonostante gli annunci delle major petrolifere sui loro piani per diventare “Green Company” che forniscono energia e soluzioni a basse emissioni basate sulle energie rinnovabili, il verde si vede soppratutto sui relooking dei loro logo e documenti marketing. “La spesa per gli investimenti dell’industria petrolifera e del gas in alternative a basse emissioni, come l’elettricità pulita, i carburanti puliti e le tecnologie di cattura dell’anidride carbonica, rappresentava meno del 5% della spesa a monte nel 2022”. Secondo l’ultimo rapporto dell’AIE sugli investimenti energetici. E queste investimenti nei fossili guidano i mercati financiari per i volumi  di denaro in gioco.

È un invito ad accelerare e coordinare meglio le azioni da intraprendere e, soprattutto, a sensibilizzare il settore finanziario in modo da indirizzare gli investimenti verso le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi. Smettere di finanziare qualsiasi nuovo progetto di energia fossile (vedi B5) (esplorazione, estrazione, trasporto, gasdotto, oleodotto, infrastruttura GNL, ecc.), centrale elettrica, ecc.), sostenere i progetti che contribuiscono agli NDC, incoraggiare gli investimenti nelle energie rinnovabili, nelle tecnologie di cattura della CO2, introdurre nuovi parametri di gestione che tengano conto degli impatti ambientali e sociali, ….  e sostenere i Paesi più poveri o in via di sviluppo.

Prossima Fermata : Terza Stazione – # AR6 Rapporto di Sintesi B) Cambiamenti climatici futuri, rischi e risposte a lungo termine

Fonte: IPCC, IAE, Munich Re, IPCC Focal Point Italia – Tutti link nell’articolo

Foto di copertina

Nuages” by Amanclos is licensed under CC BY 2.0.

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